Moshe Feldenkrais avrebbe compiuto 112 anni se non fosse mancato nel 1984 a soli 80 anni, si fa per dire, e dopo un paio di ictus. Il suo metodo di apprendimento attraverso il movimento lo ha accompagnato nel suo processo di crescita aiutandolo a riorganizzare di volta in volta il corpo di scienziato-samurai, rallentato da una giovanile lesione al ginocchio, convinto che la natura umana possa migliorarsi sempre grazie al movimento. E rinnovarsi.
Il mio processo di crescita è iniziato nel 1996 quando, a pochi anni dalla laurea in Scienze Motorie, per un problema alla schiena dato dall’eccesso di fitness, ho iniziato a cercare cosa potevo migliorare per muovermi senza dolore. Se l’effetto delle terapie aveva breve durata e plantari e ginocchiere compensavano ma non risolvevano, dovevo risalire all’origine dei sintomi. Possibile cambiare?
Il processo Feldenkrais non è una soluzione pronta al problema. E’ una pratica di consapevolezza che aiuta nella comprensione dei meccanismi alla base del funzionamento dell’essere umano, in un percorso di conoscenza e miglioramento di sé stessi. Il movimento, espressione della vitalità di tali processi, è lo strumento che lo permette. Di questo sono responsabile: se voglio capire come muovermi meglio e migliorare tutto quello che faccio, dall’allacciare le scarpe a correre una maratona, devo osservare, differenziare, ridurre lo sforzo e fare meno. Nessun alibi, nessuna scusa.
Sono passati vent’anni dalla mia prima lezione di Metodo Feldenkrais e solo all’inizio del mio percorso a ritroso nel tempo. Imparare a imparare mi aiuta a diventare giovane e questo è il mio impegno con la vita. Grazie Moshe.